Pubblicato da: rolandociofi | 31 ottobre 2011

Controtransfert e depressione a cura di Alessio Gori

Domanda
Gentili esperti di Vertici, volevo chiedervi se ci sono autori e testi che abbiano trattato il controtransfert nella cura del paziente depresso.
Grazie

Risposta
Ciao Melania,
come vuole l’etimologia (analisi viene dal greco “analyo”, io sciolgo), in tutti i campi della conoscenza umana analizzare comporta l’operazione di oggettivare cio’ che si sta analizzando e di scomporlo nelle sue parti (Lalande, 1926; Abbagnano, 1971). Si procede di scomposizione in scomposizione, fino a risolvere ogni complessita’ nei suoi componenti elementari non ulteriormente scomponibili. Anche la psicoanalisi comporta un’attivita’ di oggettivazione dei contenuti che analizza e di una loro scomposizione in parti, per es., l’analisi dei sogni (Freud, 1900).

La coppia analitica puo’ parlare e normalmente parla d’altro che di se’. L’attenzione conscia tende a seguire l’argomento trattato. Se questo, nel momento in cui se ne parla, sembra presentarsi staccato da chi parla e da chi ascolta, puo’ venir meno la consapevolezza di un dato essenziale, cioe’ che esso si pone ora e qui tra analista e analizzando. Non tener conto del contesto interpersonale in cui un tema scaturisce fa perdere il connotato specifico della sua origine, il senso che gli deriva quale battuta del dialogo analitico. Cioe’ il discorso si stacca dal contesto vivo in cui sorge, si aliena e si svolge seguendo un percorso che non ritorna piu’ qui da dove era partito. Se invece l’analista perde il meno possibile la consapevolezza che cio’ di cui si sta parlando si e’ proposto all’interno del rapporto analitico, e che puo’ talvolta essere una sua metafora, rimane aperta la possibilita’ che il materiale analizzato prenda senso in funzione del “qui-e-ora”.

Il concetto di controtransfert nella storia del pensiero psicoanalitico ha vissuto varie evoluzioni e concettualizzazioni. Freud raccomandava una neutralità analitica secondo il modello dello specchio opaco (anche se in una lettera scritta nel 1927 a Oskar Pfister raccomanda un “cordiale rapporto umano” e lo rimprovera di guastare “l’effetto dell’analisi con una certa seccata indifferenza, e” di omettere “poi di scoprire le resistenze, che, così facendo, ha destato nel paziente”); In contrasto con Freud, Jung sottolineava l’importanza della reciproca influenza di paziente-analista e così si esprime in un suo scritto del 1929 intitolato “I problemi della psicoterapia moderna”: “Comunque lo si voglia prendere, il rapporto tra terapeuta e paziente è un rapporto personale nell’ambito impersonale del trattamento. Nessun artificio può impedire che la cura sia il prodotto di un’influenza reciproca a cui p. e analista partecipano interamente. Nella cura si incontrano due fattori irrazionali, due persone che non sono entità circoscritte, ben definibili, ma che portano con sé, oltre alla loro coscienza più o meno chiaramente determinata, una sfera inconscia indefinitamente estesa. Perciò, per il risultato del trattamento psichico, la personalità del terapeuta (così come quella del p.) è spesso infinitamente più importante di ciò che il terapeuta dice o pensa, anche se quanto egli dice o pensa può essere un fattore non disprezzabile di perturbamento o di guarigione. L’incontro di due personalità è simile alla mescolanza di due diverse sostanze chimiche: un legame può trasformarle entrambe. Da ogni trattamento psichico efficace ci si deve aspettare che il terapeuta eserciti la sua influenza sul p., ma quest’influenza può verificarsi soltanto se il p. lo influenza a sua volta. Influenzare significa essere influenzati. Non giova affatto a chi cura difendersi dall’influsso del p., avvolgendosi in una nube di autorità paternalistico-professionale: così facendo, egli rinuncia a servirsi di un organo essenziale di conoscenza. Il p. esercita lo stesso, inconsciamente, la propria influenza sul terapeuta e provoca mutamenti nel suo inconscio: quei perturbamenti psichici (vere lesioni professionali) che sono ben noti a tanti psicoterapeuti, e illustrano clamorosamente l’influenza quasi “chimica” del p.”;

M. Klein considera il transfert non solo come il risultato del riemergere del passato che si riattualizza secondo la coazione a ripetere, ma come uno spostamento verso l’esterno – cioè nella situazione analitica – del mondo di oggetti interni e parti del sé attualmente presenti nel p. L’interpretazione non ha come obiettivo la ricostruzione del passato, ma è un continuo commento sulle fantasie dinamiche attuali, che derivano dal passato ancora vivo, in quanto interiorizzato in presenze dinamiche. Per la Klein quindi assume importanza ciò che accade all’interno del processo psicoanalitico, nel “qui ed ora”, e anche se per lei l’analista è presente solo come interprete, la sua scoperta del meccanismo dell’identificazione proiettiva, ha aperto la strada a successive elaborazioni verso una direzione interpersonale. Con l’identificazione proiettiva il p. immagina di mettere parte dei suoi contenuti psichici nella mente di un’altra persona, quindi vive in fantasia un’intensa forma di interazione tra sé e gli altri;

Bion iniziò a considerare l’identificazione proiettiva anche come una forma di interazione tra due persone, cioè la rese interpersonale: l’analista fa da contenitore a ciò che il p. proietta nella sua mente, poi, come fa la madre col bambino, glielo restituisce perché possa reinteriorizzarlo in una forma più accettabile e utilizzabile. Inizia allora ad essere preso in considerazione il fatto che i contenuti psichici del p. possono diventare un’esperienza dell’analista; Racker nel ’68 considerava il controtransfert come il principale strumento che ha l’analista per esplorare le dinamiche del p. L’analista si identifica con le proiezioni del p., che suscitano e attivano in lui ricordi ed esperienze infantili simili e comuni a tutti gli esseri umani. Quindi la persona dell’analista viene messa al centro dell’interazione psicoanalitica e la situazione psicoanalitica è diventata profondamente interattiva. Per gli autori kleiniani più recenti, come Betty Joseph (1989), è fondamentale la consapevolezza dell’impatto del p. sull’analista e la “corretta valutazione dell’uso che il p. sta facendo di noi..” ;

Bowlby con la sua teoria dell’attaccamento, vicino alla linea delle relazioni oggettuali, pone al centro della relazione analitica il concetto di “base sicura” offerta dal terapeuta per esplorare il mondo del p. La situazione analitica determina la riattivazione del comportamento di attaccamento, in cui il transfert è la manifestazione dei modelli operativi interni dell’individuo che il terapeuta interpreta per modificarli. E’ importante sottolineare che per B. non tutto quello che avviene nella seduta deve essere interpretato come una proiezione. Sopravvalutare la proiezione, potrebbe determinare l’errore di prendere per proiezioni le giuste percezioni della realtà da parte del p. La dimensione relazionale transfert-controtransfert, quella che Fiscalini chiama “la relazione consensualmente valida o reale”, separabili solo sul piano concettuale, acquisisce significato solo nell’ambito bidirezionale della relazione stessa; gli interpersonalisti contemporanei vedono il controtransfert come il reciproco del transfert, come lo stesso processo psichico. Per usare le parole di Wolstein (1975) “il controtransfert, inteso come quell’esperienza psichica che avviene durante la terapia psicoanalitica, non è diverso dal transfert”.

H.S.Sullivan ha introdotto il termine “paratassi” invece di transfert e controtransfert, le integrazioni interpersonali sono paratassiche quando: “al di là della situazione interpersonale così come è definita nell’ambito della consapevolezza di chi parla esiste una situazione interpersonale concomitante del tutto diversa per quanto riguarda le sue principali tendenze di integrazione di cui chi parla è più o meno del tutto inconsapevole. Oltre al gruppo integrato dello psichiatra e del soggetto esiste nelle situazioni paratattiche anche un illusorio gruppo integrato di due persone: lo psichiatra “distorto” per accogliere uno speciale modello del “tu” e il soggetto che sta rivivendo una precedente integrazione non risolta e che sta manifestando il corrispondente modello speciale del “me”. Queste distorsioni paratassiche o modelli “del tu e del me” si riferiscono chiaramente alla dimensione transferale della vita umana. Sullivan considera la paratassi come una delle tre forme dell’esperienza umana, intermedia dal punto di vista evolutivo tra la più primitiva prototassica e i più avanzati (e più strettamente logici) modi sintassici della simbolizzazione.

Quanto al controtransfert per Fromm, il fatto che l’indice analitico dell’opera omnia di Fromm (1980-81), edita da R. Funk, non ne riporti la voce, attira certamente l’attenzione. Eppure si tratta di un lavoro editoriale eccellente e accuratissimo, in dieci tomi molto voluminosi, l’ultimo dei quali e’ interamente dedicato agli indici. Anche se nelle pagine di Fromm il termine controtransfert effettivamente ricorre meno di altri termini psicoanalitici, la sua non menzione finale non parrebbe giustificata, a meno che non se ne consideri la implicita sostanziale coerenza con quanto esposto da Fromm nel lungo seminario clinico tenuto a Citta’ del Messico nel 1968. Fromm presento’ il controtransfert come un limite dell’analista. Questo concetto di controtransfert pare molto ristretto. In tale senso stretto, il controtransfert e’ visto nel modo classico dei primi analisti (per es., A. Reich, 1951; Fliess, 1953), come intrusione nell’analisi di residui non analizzati della patologia dello psicoanalista. Cioe’ possiamo ritenere che Fromm veda il controtransfert come transfert da parte dell’analista. Nelle sue pagine Fromm si occupa scarsamente di controtransfert e si mostra invece continuamente interessato alla comunicazione globale tra analista e analizzando, entro la quale l’analista si propone come un essere umano particolarmente addestrato in “the art of listening” (1994).

Di fatto, nel lavoro clinico, distorsioni controtransferali e ascolto empatico, e visione obiettiva, sono esperienze che tendono a sovrapporsi e ad intrecciarsi tra loro in termini non sempre riconoscibili, almeno nel momento in cui si danno. Pero’, sul piano teorico, la reazione globale dell’analista di fronte all’analizzando si puo’ idealmente scomporre in due componenti: una propria del dialogo umanistico basato su obiettivita’ ed empatia ed una dovuta alle distorsioni controtransferali (Biancoli, 2002a).

La visione idologica del transfert e del controtransfert aiuta l’analista a rendersi conto di come continuamente il qui-e-ora si perda nel la’-e-allora. Qui-e-ora e la’-e-allora sono esperienze in movimento, si compenetrano, l’uno entra nell’altro. Nel qui-e-ora transfert e controtransfert possono affiorare sul piano conscio nella loro indocile forza, per poi inabissarsi e andare a spingere su figure sia esterne che del mondo interno. Queste figure cosi’ si deformano, appaiono e riappaiono alla coscienza in distorte intensita’ che si fanno rincorrere dall’attenzione analitica. L’analista rischia di disancorarsi dal qui-e-ora e di venire portato in un la’-e-allora fuorviante. Lo scivolare del qui-e-ora nel la’-e-allora e’ un aspetto del movimento controtransferale e tende a sfuggire all’attenzione analitica.

La relazione analitica e’ il teatro in cui il passato dell’analizzando si inscena. L’analista puo’ sentire quel passato e commuoversi alle sue rappresentazioni, senza per questo dimenticare che loro due ora non sono la’ in quel tempo, ma sono qui, un qui nel quale sono raffigurabili tutti i la’ possibili. Se questo si verifica, la partecipazione emotiva non solo non impedisce lo stato lucido e vigile ma vi coopera e contribuisce alla cognizione dei la’-e-allora.

Molta della competenza dell’analista sta nel restituire al qui-e-ora i la’-e-allora che si affollano nella mente di entrambi i membri della coppia analitica, smarrendo il meno possibile la consapevolezza che, per quanto arcaico, estraneo, strano, (Freud, 1919) sia il contenuto di un sogno, di un ricordo, di una associazione, questo contenuto viene portato qui in questo momento. Si da’ ora e qui, ora e qui nella seduta viene pensato e sentito in una relazione a due.

Per approfondire:

Caso clinico
Terapia psicoanalitica
Transfert e Controtransfert
Controtransfert culturale

Libri

Controtransfert e regressione
L. Bryce Boyer
Prezzo di copertina: Euro 21,00
Brossura | 256 | Astrolabio Ubaldini | 2002 |
Curatore : L. L. Doty

Il controtransfert con i bambini e gli adolescenti
Prezzo di copertina: Euro 18,08
Brossura | 176 | Franco Angeli | 1998 |
Curatore : A. M. Sandler, J. Tsiantis
Contenuto:
I bambini e gli adolescenti, e tutti i pazienti che utilizzano l’agire come comunicazione o che hanno difficoltà di simbolizzazione, generano nello psicoterapeuta potenti reazioni di controtransfert. Anche le famiglie dei pazienti in trattamento, oltre che naturalmente la personalità stessa dell’analista sono implicati nel determinare i vissuti controtransferali. Perché il trattamento sia efficace, è essenziale perciò che il controtransfert sia riconosciuto, appropriatamente affrontato e interpretato. Psicoanalisti e psicoterapeuti esaminano in questo libro alcune delle differenti reazioni transfero-controtransferenziali che emergono nella clinica in età evolutiva.

Controtransfert e relazione analitica
Prezzo di copertina: Euro 39,50
Brossura | 520 | Liguori | 1997 |
Curatore : C. Albarella, D. Petrelli

A presto.
Risponde
Alessio Gori, Dottore in Psicologia
titolo: Controtransfert e depressione
autore: Alessio Gori
richiedente: Melania
data di pubblicazione: 22/02/2006


Lascia un commento

Categorie